Chi odia on line è uno sfigato

L’importanza crescente della rete e delle relazioni on line nelle nostre vite produce – come sappiamo – la possibilità di comunicare con tutti e in qualsiasi momento, ma presenta al tempo stesso, come rovescio della medaglia, un’epidemia di solitudine di massa e di odio on line, quest’ultimo crescente di pari passo all’isolamento e alla rabbia in cui ciascuno di noi, consapevole o meno, decide di chiudersi.

I social network, se sfruttati in modo giusto anzi con l’energia giusta, sono uno strumento formidabile di condivisione e conoscenza; tuttavia alcuni rovinano la propria e altrui esistenza, e questo non è più tollerabile, proprio perché si fa del male agli altri oltre che a se stessi.

Viviamo in un sistema marcio nelle fondamenta e pieno d’odio, si sa: siamo in competizione per il denaro, il lavoro, l’amore, le relazioni, le amicizie e chi più ne ha più ne metta; questo però non significa che posso vomitare in rete – dunque sugli altri –  tutta la negatività che accumulo e sento dentro.

Questo tipo di odio, dunque, sembra nuovo, ma in realtà è sempre lo stesso, solo che si veste di digitale e si amplifica, dato che messaggi, insulti, battute acide e via dicendo si propagano a macchia d’olio.

Il profilo dell’odiatore è presto detto: trattasi in genere di persone spente, tristi, isolate e desolate,  piene di rabbia e acidità anche nella vita di tutti i giorni, solo che lì non se lo possono permettere, dato che dal vivo possono avere più di qualche problema.

Ecco che allora  si sfogano on line, dove si garantiscono distanza e incolumità. Insomma, parliamo di vigliacchi, che vomitano a distanza tutta la loro spazzatura emotiva.

Del resto, apostrofare chi non ci piace con epiteti come “cancro”, “tumore”, oppure dirgli “muori” sono cose che non si farebbero (quasi) mai dal vivo, mentre sul web diventa ordinaria amministrazione.

Molte persone in rete faticano a esprimersi per via di questi odiatori seriali: ebbene, non farlo significa darla vinta a questi idioti.

Naturalmente, l’odio on line è molto diverso dalla critica: il primo tende a ingiuriare e ad apostrofare in modo secco, mentre la seconda è quantomeno un accenno di dialogo. Il punto è che spesso le due cose si intersecano, cosa che non è affatto giusta dato che non è scritto da nessuna parte che tutti debbano pensarla come noi.

L’odio on line (quello più comune, intendo) può essere razziale, religioso, misogino e omofobico.  Non manca però anche l’odio “comune” in senso stretto, che può svilupparsi su qualsiasi cosa, anche su argomenti come il gossip o altre amenità.

Secondo Giovanni Ziccardi, autore del libro “L’odio on line”, ci sono tre tipi di odio: il primo è quello su “vasta scala” ovvero di uno verso molti, e può essere – appunto – religioso, razziale, misogino od omofobico; il secondo è compiuto da un individuo verso un altro e riguarda fenomeni come il bullismo, lo stalking, la diffamazione; il terzo, infine, riguarda quel tipo di odio che si “istituzionalizza”, alias, per esempio, il terrorismo islamico e via dicendo.

Secondo Ziccardi, questi tre tipi di odio, a volte, si confondono, si intersecano, nel senso che un odiatore pieno di rabbia può partire dal primo livello e arrivare al terzo.

Se c’è una cosa che colpisce circa il profilo psicologico di tutti gli odiatori, è che spesso sono ignoranti, nel senso che possono anche avere delle informazioni ma ignorano come esprimerle senza cattiveria e giudizio. Questo grado di ignoranza va di pari passo alla loro cattiveria, e denota comunque una profonda inconsapevolezza, nonché una vita – sostanzialmente – senza amore.

Purtroppo questi individui, come accennavamo, non sono aiutati in questo tipo di società, anzi abbiamo un sistema che inneggia all’odio, dato che si basa tutto non sulla cooperazione ma sulla competitività.

Del resto, basta leggere un giornale o guardare la tv per capire la tale quantità di odio e negatività che ci viene versata addosso: è “normale”, che alcuni somatizzino di più, anche se il loro comportamento – ripeto – va fermato in quanto ferisce in primis gli altri.

La rete, purtroppo, provoca una percezione alterata della realtà, e l’abbassamento dell’età nell’uso dei social media (oggi un bambino di dieci anni è già un pieno fruitore di queste tecnologie) di certo non aiuta!

Chi attacca, inoltre, spesso la fa con veemenza, proprio per via della negatività che lo pervade: che inventi le cose di sana pianta o le modifichi a suo piacimento o semplicemente offenda e basta non è importante, fa comunque del male, e chi si difende è costretto a una strada in salita, dato che nella percezione comune l’offesa è e resta preminente rispetto alla difesa.

Chi viene denigrato in rete, infine, spesso non si rivolge alle autorità, non solo perché ha paura di esacerbare certi comportamenti (esempio classico il bullismo) ma perché non si fida di queste ultime.

Gli odiatori, per adesso, sono ancora impunti per la maggioranza, eppure commettono dei reati, come l’istigazione all’odio (legge Mancino del 25 giugno 1993) la diffamazione (art. 595 Codice Penale) o il ricatto (art. 629 Codice Penale).

Fermare questo fenomeno non è impossibile: la prima cosa da fare è scorporare chi critica in modo costruttivo rispetto a chi offende e dunque odia.

In quest’ultimo caso, per chi vi scrive, per evitare di intasare i tribunali, bisogna reprimere per rieducare, magari con il blocco temporaneo dai social media e l’obbligatorietà di un corso di educazione civica o netiquette, da frequentare anche on line, magari da certificare successivamente alle autorità competenti.

Facebook, per esempio, ha delle persone deputate al controllo della nudità nelle foto, perché non estenderlo anche all’odio più viscerale? Non basta (come avviene oggi) segnalare certi atteggiamenti, vanno repressi!

Il primo passo, però, per migliorare questa società è sempre lavorare dentro noi stessi: chi odia, infatti, vive male, afflitto e avviluppato com’è da questa spirale d’odio.

Ecco perché se si vuole crescere e migliorare si devono frequentare i buoni esempi anche in rete, proprio come si dovrebbe fare nella vita di tutti i giorni.