Le vere ragioni dei gilet gialli

Il movimento sociale dei gilet gialli in Francia prende il nome dal giubbotto catarifrangente che i conducenti di mezzi pesanti (e non solo) devono indossare in caso di incidenti per rendersi visibili e non rischiare la vita.

Se c’è una ragione che accomuna tutti i cittadini che in questi giorni stanno indossando questo giubbotto durante le manifestazioni di Parigi è proprio l’invisibilità sociale.

I gilet gialli manifestano per moltissime ragioni e ogni giorno questo movimento vede ingrossare le sue fila proprio perché i “perdenti” sono sempre di più, a fronte di pochissimi vincitori.

La Francia non se la passa bene come pensiamo. Anche lì abbiamo l’euro moneta-debito centellinata alla fonte, e anche lì abbiamo pignoramenti ai beni, ai servizi e ai diritti dei cittadini spacciati per “riforme”.

La sensazione che accomuna queste persone è che ormai hanno perso tutto, mentre lo stato – semplicemente – se ne frega.

Il ceto medio in Francia, così come in Germania e in tutta Europa, sta scomparendo, e quando si arriva a questo, la cosa si fa sempre pericolosa, come la storia insegna.

Anche se la miccia è stata originata da un aumento della tassa sul diesel di 6,5 centesimi per motivi ecologici, sono la pressione fiscale e la mancanza di lavoro nel complesso a far esplodere la rabbia.

In realtà le ragioni di questa esplosione sociale sono ormai molteplici: anche in Francia, infatti, abbiamo cassintegrati che lavorano poche ore a settimana, giovani precari che lavorano a chiamata, famiglie i cui stipendi non bastano più viste le tasse, il carovita, gli stipendi bassi, la privatizzazione di tutti i servizi e chi più ne ha più ne metta.

I gilet gialli, dunque, rappresentano la miseria sociale, il disprezzo che il galoppino dei Rothschild Emmanuel Macron prova quando implementa le sue “riforme”.

Egli sta tartassando il ceto medio e basso solo per adempiere alle direttive di chi lo ha messo lì. Macron è l’ennesimo commissario liquidatore in favore del futuro super stato europeo.

La mossa di fare una moratoria di sei mesi per le accise sui carburanti nel 2019 è semplicemente ridicola: del resto, lui non può fare altro, perché non lavora per il popolo ma per i banchieri.

E’ davvero sconcertante come, in Italia  così come in Francia, fior di “intellettuali” si schierino col presidente e le sue politiche al grido di “populismo”, “feccia indistinta” , asserendo che ciò che chiede il popolo è semplicemente irrealizzabile.

Questi intellettuali sono i soliti servi del potere, i leccapiedi (categoria che non è mai mancata nel corso della storia) e deficitano non solo di buonsenso ma – in primis – di onestà intellettuale.

Una delle riforme di Macron, del resto, contestata in piazza è il cosiddetto Job Act francese: in buona sostanza, con la scusa di aumentare la platea dei lavoratori, egli ha precarizzato e sottopagato ancora di più le condizioni complessive dei lavoratori,  allargando i contratti capestro definiti “a progetto” non solo al settore delle costruzioni ma a tutti gli altri settori economici e produttivi, e fissando i risarcimenti in caso di licenziamenti illegittimi a un massimo di 15 giorni di salario per ciascun anno di anzianità nel caso di aziende sotto i 10 dipendenti, e 30 giorni per quelle che ne hanno di più.

Insomma, con questo decreto Macron ha istituzionalizzato la povertà di massa, rendendo impossibile e finanche inutile qualsiasi ricorso alla giustizia.

Nel 2017, Macron ha eliminato anche la tassa patrimoniale: con questa mossa, i ricchi pagano poco e non proporzionalmente, mentre sempre più tasse cadono a pioggia sui ceti medi e bassi.

Il pretesto sia per quest’ultimo provvedimento che per il Job Act è che gli imprenditori non devono scappare, ma si tratta di un inganno, dato che i piccoli imprenditori sono e restano tartassati, mentre chi paga di meno sia il costo del lavoro che le tasse sono solo le grandi multinazionali e/o conglomerati, che già usano cavilli legali per sfuggire alla tassazione.

I gilet gialli non vogliono entrare in politica, o meglio lasciano anche la libertà di farlo a livello locale e finanche nazionale, ma vogliono un restare un movimento di popolo, di piazza, perché istituzionalizzarsi comporta in genere il fagocitamento e il probabile spegnimento delle rivendicazioni.

Essi considerano l’Europa la causa di tutti i mali, dato che ormai è un mostro giuridico ed economico che ha preso il sopravvento sulle nazioni e le loro costituzioni.

Il movimento è già attaccato dal sistema coi soliti mezzucci: si minacciano i portavoce e si infiltrano persone violente nei cortei per farli sembrare tutti dei pazzi e degli scalmanati.

Il loro obiettivo, ormai, è eliminare Macron, giudicato – non a torto – uomo dei poteri forti.

Il movimento dei gilet gialli, dunque, rischia di diffondersi in tutte le altre nazioni del vecchio continente, dato che tutte ormai hanno gli stessi e identici problemi.

 

Leggo qua e là sul web e su alcuni giornaloni dei soliti intellettualoidi che per noi è impossibile una ribellione come quella francese: ebbene, sappiate anche qui il popolo è stanco, e se Lega e 5 stelle non porteranno a termine i loro progetti e se questi non porteranno benessere, alla gente non mancherà che agire in questo modo.  

La crisi economica creata a tavolino dai poteri forti, ormai, è stata scoperta e sta generando una reazione prevedibile.

Il mio consiglio all’élite è semplicemente uno: cambiate Pianeta.