Unioni civili: ecco cosa prevedono

Dopo le proteste in tutte le piazze a favore della legge sulle unioni civili e passato il carnevale anticipato del family day (perdonatemi ma preti senza famiglia, politici divorziati e suore sposate con Dio che aizzano alla “famiglia tradizionale” sono quasi piu’ divertenti di un carro allegorico) ecco che il disegno di legge Cirinna’ arriva in aula.
Il testo e’ stato gia’ modificato nell’ottobre del 2015 – per aggirare l’opposizione di alcuni senatori che lo preferivano marcescente nei cassetti della Commissione Giustizia – e a fine febbraio del 2016, per via della mancata collaborazione del Movimento 5 Stelle che non ha voluto votare un procedimento che non ne discuteva gli emendamenti.


Per carita’, democratico si dira’, ma cio’ li ha estromessi dallo stesso dibattito, permettendo a Matteo Renzi di cogliere la palla al balzo e prendersi tutto il merito, facendo accordi con un noto omofobo come Angelino Alfano e partorendo un testo al ribasso.
La relatrice del testo e’ – appunto – Monica Cirinna’, una senatrice del Partito Democratico che per molto tempo si e’ dedicata a confezionare questa legge.
Il nuovo testo si divide in due parti: la prima disciplina le unioni tra persone dello stesso sesso (stando bene attenti – stavolta – a evitare ogni riferimento al matrimonio, per non offendere i benpensanti) e la seconda le convivenze di fatto, sia per persone dello stesso sesso sia per quelle di sesso opposto.
Le unioni civili tra persone dello stesso sesso vengono definite “formazione sociale”, e i rimandi sono tutti all’art 2 della Costituzione, ovvero l’articolo che sancisce i diritti inviolabili dell’uomo (nella primissima versione, invece, c’erano parecchi rimandi all’art 29, ovvero quello dedicato all’istituzione matrimoniale).
In sostanza, due persone dello stesso sesso potranno presentarsi davanti a un ufficiale di stato civile e certificare la loro unione in presenza di due testimoni.
Non potranno contrarre un’unione civile persone sposate o che abbiano gia’ contratto in passato un’altra unione (sempre civile), chi soffre di infermita’ mentale, parenti e persone che abbiano carichi penali pendenti.
Davanti all’ufficiale certificatore, le coppie potranno scegliere il regime patrimoniale (comunione o separazione di beni) e l’eventuale adottabilita’ per entrambi di uno dei cognomi.
Le parti non s’impegnano – a differenza del matrimonio – all’obbligo della fedelta’ (sic!) ma fissano una residenza comune e si prodigano per l’assistenza materiale e morale delle parti.
Per sciogliere un’unione civile pero’, si ricorrera’ all’istituto del divorzio, proprio come i comuni matrimoni (nei fatti lo e’, ma guai a dirlo troppo in giro).
L’art 5 del DDL – stralciato proprio per via del compromesso al ribasso – prevedeva la possibilita’ per uno dei due coniugi di adottare il figlio naturale dell’altro, magari avuto da un precedente matrimonio oppure all’estero. La cosiddetta stepchild adoption era stata aggiunta per tutelare i tanti figli che gia’ adesso crescono in famiglie omogenitoriali, dato che diversamente non sarebbero stati tutelati.
Il punto piu’ controverso per i cattolici oltranzisti era che la tutela di questi bambini avrebbe scatenato la volonta’ endemica per le persone omosessuali di andare all’estero a “comprarsi” dei figli: ebbene, a parte che, se anche fosse, si tratterebbe di un accordo tra adulti “consenzienti”, qui l’ignoranza e la confusione raddoppiano, nel senso che non si capisce che chi vorra’ e avra’ la possibilita’ economica lo fara’ comunque.
Ma la cosa piu’ assurda e’ che in un paese come il nostro, con natalita’ pari a zero e con orfanotrofi pieni, certe pratiche di adozione, a mio avviso, dovrebbero essere incoraggiate, anche per i single, dato che un paese davvero civile non dovrebbe neanche tenerli aperti, gli orfanotrofi.
Una cosa e’ certa: ci sara’ confusione su questo punto, e sicuramente, in futuro, i giudici dovranno intervenire per sanare dei punti che il bigottismo di oggi – purtroppo – ha impedito di legalizzare.
Ma torniamo alla legge: la seconda parte riguarda la disciplina delle convivenze, siano esse omo o etero. Esse riguardano tutti i casi, ovviamente, in cui non si contrae ne’ un matrimonio ne’ un’unione civile, purche’ si sia maggiorenni.
I conviventi hanno gli stessi diritti dei coniugi in caso di malattia, carcere o morte di uno di essi.
In caso di morte, il superstite puo’ rimanere nella casa comune – qualora non fosse sua – solo per un determinato periodo di tempo (a seconda di quanto e’ durata la convivenza) mentre puo’ subentrargli nel contratto di affitto.
I conviventi, inoltre, potranno stipulare tra loro dei contratti per regolare le questioni patrimoniali, mentre lo scioglimento del legame giuridico si avra’ per un accordo tra le parti, per il recesso di una delle parti, per il matrimonio o unione civile tra le parti o tra una delle parti con un’altra persona, nonche’ – infine – per la morte di uno dei conviventi.
In caso di scioglimento della convivenza, il giudice potra’ riconoscere il diritto agli alimenti per il convivente giudicato piu’ debole finanziariamente, ma solo per un tempo determinato e comunque proporzionale alla durata dell’ex unione.
Sento ancora in giro, purtroppo, gente che afferma che in fondo non c’era bisogno di questa legge, dato che le coppie di fatto oggi, omo o etero che siano, possono andare da un giudice e vedersi riconosciuti certi diritti.
Naturalmente anche qui non posso che dissentire, dato che e’ sacrosanto per qualunque cittadino – nonche’ contribuente – avere diritti acquisiti legalmente piuttosto che dover pagare per riceverli. Ma tant’e’, il paese e’ questo.
Una cosa e’ certa: i diritti vanno allargati, non ristretti, anzi la nostra classe politica, a mio avviso, dovrebbe fare di piu’ proprio sulle adozioni, anche se ovviamente e’ meglio questa legge piuttosto che il nulla.

Fonti immagini: Google.

Fonte dati: DDL Cirinna’.